INSETTI IN AMBRA

(appunti, fotografie e disegni di )



INTRODUZIONE

Questa breve introduzione non ha alcuna pretesa scientifica. È soltanto un richiamo per focalizzare l'interesse che questa resina fossile ha sempre suscitato nell'uomo sotto gli aspetti più diversi, da quello meramente decorativo a quello scrupolosamente scientifico nei vari campi specialistici.

Fino dai tempi più antichi (Paleolitico) l'uomo è stato attirato da questo strano materiale, misterioso, raro e facile da lavorare. Per la sua bellezze ed il suo colore fu utilizzato per farne oggetti ornamentali e monili preziosi.
Ben presto divenne oggetto di commercio e di scambio, portata verso il sud dagli abitanti delle zone baltiche che la ritrovavano sulle spiagge, soprattutto dopo violente tempeste che "estraevano" dei pezzi dagli strati geologici che li contenevano da 40-50 milioni di anni e che ora rappresentavano il fondale marino.
Oggetti testimonianti l'uso di questo materiale nelle varie epoche sono stati rinvenuti in molti siti archeologici un po' in tutta l'Europa, ma anche nel vicino Oriente ed in Egitto.
I Greci la conoscevano bene e la chiamavano Elektron per la sua capacità di attrarre peli e fili di lana se strofinata.

Fetonte, giovane dio dell'Olimpo, figlio del Sole e di Climene, dopo molto insistere, riuscì a convincere il padre a fargli guidare per un giorno il fiammeggiante carro solare.
I cavalli, però, presero la mano al giovane inesperto e così il carro finì fuori dalla strada ed incominciò a bruciare il cielo (lasciando, come traccia della bruciatura, la Via Lattea), e la Terra, facendo ardere le foreste e inaridendo fiumi e laghi.
Così proseguendo avrebbe distrutto tutta la Terra, allora Zeus, per punire l'incauto, ma anche impietosito verso gli uomini, vibrò un colpo di fulmine sul carro che precipitò nel fiume Eridano (attuale Po).

Le Eliadi, sorelle di Fetonte, accorsero sulle rive dell'Eridano e piansero così tanto la morte del fratello che Zeus, impietosito un'altra volta, decise di tramutarle in pioppi e così le loro lacrime divennero ambra.


I Romani la chiamavano Succinum, cioè "succo" poiché la consideravano, giustamente, succo di antiche piante.


Prima dei Romani anche gli Etruschi avevano apprezzato e lavorato questa resina.


riproduzione di un pendente etrusco rappresentante una testa d'ariete


In Europa anche i Paleoveneti ed i Celti dimostrarono un grande interesse per l'ambra, che chiamavano Bernstein cioè pietra che brucia e furono proprio questi ultimi ad aprire, ben prima della loro invasione del Sud Europa, quella che noi chiamiamo la via dell'ambra.


Già al tempo dei Romani si riteneva che il succinum avesse anche qualità terapeutiche e soprattutto in tempi più recenti, anche molto vicini ai nostri, le convinzioni non solo popolari ma anche dei dotti le attribuiva poteri straordinari per quasi tutte le affezioni.
Così, in dipendenza della malattia, veniva portata al collo, tenuta in tasca o ingerita sotto forma di polvere mescolata a vino o ad altre bevande, di pillole, ecc.

Oggi sappiamo quasi tutto dell'ambra, a cominciare dal nome generale che deriva dall'arabo Anbar, ma che può essere sostituito da nomi che ricordano, come avviene molte volte per i minerali, la località del ritrovamento (per es. burmite proveniente da Burma o Birmania, simetite dal fiume Simeto che scorre in Sicilia, rumanite dalla Romania, ecc.).
Sappiamo che è una resina vegetale fossile, prodotta principalmente da piante conifere e leguminose, a partire da periodo Devoniano (circa 400 milioni di anni fa).
Sappiamo che ha peso specifico 1,05 - 1,1, durezza 2,5 ÷ 3, indice di rifrazione 1,54, punto di fusione da 200° a 380° C ed è poco solubile in alcool. Inoltre può presentare, se sottoposta a raggi UV, fluorescenza più o meno marcata.
Sappiamo che si ritrova principalmente lungo il Baltico, nella Repubblica Dominicana e nel Messico, ma che si ritrova praticamente in tutto il mondo.
Sappiamo che in Italia ne esiste, purtroppo, ben poca ed è stata trovata in Sicilia, in Romagna (rarissima) e sulle Dolomiti (poche gocce quasi microscopiche).
Sappiamo, infine, che sovente contiene inclusioni varie che vanno dal terriccio all'acqua, dai resti vegetali agli insetti.

L'interesse scientifico per l'ambra varia in dipendenza della disciplina cui è legato lo studioso: i chimici investigano sulle proprietà chimico-fisiche; i gemmologi ed i gioiellieri intravedono la possibilità di studiare e confezionare rari gioielli; alcuni scrittori si ispirano ad essa per i loro racconti; gli archeologi trovano modo di ampliare le conoscenze sugli scambi commerciali, sull'artigianato e sulle culture del passato; geologi e paleontologi sono interessati ai contenuti fossili che mettono in evidenza alcune forme di vita preistorica ed infine botanici ed entomologi esaminano in dettaglio le inclusioni.

A questo elenco possiamo aggiungere anche i fotografi che devono documentare quanto più è possibile ciò che la resina ha intrappolato e conservato per milioni di anni.





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