LE ORCHIDEE SPONTANEE DEL VENETO

(studio, ricerche, fotografie e disegni di )


Fino dai tempi antichi le Orchidee hanno affascinato gli uomini per la loro inconsueta bellezza ed i mutevoli colori dei loro fiori.
Già dagli albori della stampa esse sono state ampiamente raffigurate da valenti artisti e descritte dai più insigni studiosi. Nel XVI secolo, per esempio, Andrea Mattioli, medico e naturalista senese che trascorse la giovinezza a Venezia, studiò, descrisse e raffigurò varie orchidee alcune delle quali riconoscibili fra quelle che ancor oggi crescono spontanee nella nostra regione.

Con il passare del tempo molti altri studiosi si sono interessati alle orchidee. Fra questi anche Charles Darwin che contribuì in modo particolare alla conoscenza del genere Ophrys e fu tra i primi ad intuire il complicato sistema di riproduzione di queste piante.

La più antica testimonianza della presenza delle orchidee sulla Terra risale al periodo Miocenico (circa 18 milioni di anni fa) e consiste in un piccolo esemplare, di circa 2 centimetri di lunghezza. Si tratta di un’impronta su una roccia calcarea ritrovata nei pressi del lago di Costanza.


Ai giorni nostri sono numerosi gli studiosi, gli appassionati e le Associazioni che si interessano delle orchidee in genere e di quelle spontanee in particolare con la consapevolezza dell'importanza che esse assumono nei luoghi dove prosperano in relazione alla loro sensibilità alle variazioni ambientali prodotte dall’uomo.

Queste piante, infatti, sono organismi piuttosto complessi ed estremamente sensibili all’integrità dell’ambiente e pertanto la loro presenza ci rassicura e ci conforta.

La famiglia delle orchidee annovera oltre 20.000 specie, per la maggior parte viventi nell’ambiente caldo-umido delle foreste tropicali.

Si tratta in gran parte di piante epifite, che usano cioè altre piante come sostegno, inserendosi tra gli incavi dei tronchi e nelle forcelle dei rami. In questo modo, vivendo sospese ad una certa altezza dal suolo, sfuggono al quasi buio delle foreste.

Da alcune di queste orchidee derivano quelle che vediamo comunemente nei negozi di fiori: si tratta perlopiù di varietà ottenute per ibridazione.

Le specie italiane ed europee, a differenza di quelle tropicali, conducono tutte vita geofita (cioè vivono al suolo) producendo delle radici a pseudo-tubero dalle forme particolari che servono come organi di riserva.

Per l’aspetto ed i colori ricordano le sorelle delle zone tropicali, ma si presentano notevolmente ridotte nelle dimensioni e scoprirle richiede, a volte, una particolare attenzione.

Anche queste orchidee non mancano di stupirci per la vivida bellezza e per il profumo che emanano e che si evidenzia in modo particolare nelle ore serali ed al primo mattino per attirare gli insetti impollinatori nelle ore di minor luce.

Altre specie attirano i loro impollinatori offrendo il nettare, altre ancora emanando un penetrante odore che ricorda le capre, se non addirittura le cimici.


Alcune si travestono addirittura da insetti, emanando anche l’intenso odore prodotto dalla femmina così il maschio, nel tentativo di accoppiarsi, porterà il polline da un fiore all’altro.

A guardarle bene, infatti, sembrano degli insetti più che dei fiori: il labello assomiglia all’addome di un calabrone, i petali alle ali ed alle antenne e le masse polliniche sembrano, a volte, dei luminosi occhietti.


Una specie soltanto si fa notare per le dimensioni dei suoi fiori, si tratta della Scarpetta di Venere o Pianella della Madonna (Cypripedium calceolus). La si può trovare dall’ambiente collinare sino al limite della formazione ad arbusti nani dell’alta montagna, ma è bene ricordare che anche questa specie, come del resto tutte le orchidee, è rigorosamente protetta.





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